I nomi dei cattivi

Z_gianluca-billo.jpg

Gianluca Billo, Managing Director


Tosca_(1899).jpg

Al centro dell'attenzione mondiale, la prima di Tosca alla Scala di Milano di pochi giorni fa mi ha fatto riflettere sui nomi dei suoi protagonisti, e in particolare su quello del personaggio negativo dell'opera, del cattivo, per intenderci. È il sadico barone Scarpia, capo della polizia papalina che dà il peggio di sé nei momenti immediatamente successivi alla battaglia di Marengo, ritratti nel dramma in tre atti.

Siamo nel 1900, data della prima assoluta di Tosca. Scarpia è un nome di cattivo figlio del suo tempo; fa pensare a qualcosa di sgradevole sia per il suono irritante (rp, ia) sia per l'assonanza con altri termini (scarpa, scarto, arpia) anche se oggi ci pare innocuo e quasi buffo.

Cosa è successo ai nomi dei cattivi dopo il 1900? Le grandi storie, messe in scena nei grandi teatri o sui grandi (ma oggi anche piccoli) schermi, hanno visto avvicendarsi sempre nuove generazioni di antagonisti, antieroi, geni del male, ogni epoca a modo suo. Proprio come i prodotti, le aziende, le band musicali, anche i cattivi hanno avuto le proprie generazioni in termini di naming, e per di più con una connotazione marcata, in certi casi: gli anni 50 del Novecento, per esempio, sono stati l'era dei fumetti che hanno dato un gusto tutto loro ai nomi dei propri eroi e antieroi; gli anni 80 hanno visto la nascita dei videogiochi e anche in quest'ambito protagonisti e mostri da battere hanno avuto nomi dai tratti specifici.

Allora, chi abbiamo?

Partiamo dal cinema dei primordi: non molto dopo la prima assoluta di Tosca, compaiono sugli schermi prima i protagonisti malefici dei romanzi ottocenteschi, soprattutto professori, dottori o scienziati, come il professor Moriarty antagonista di Sherlock Holmes o Victor Frankenstein che non ha bisogno di presentazioni, e poi Rotwang e il dottor Mabuse di Fritz Lang, o il dottor K di Kurt Neumann. I nomi sono cupi, oscuri, spaventosi, ma fa quasi più paura la qualifica di uomo di scienza che non il nome in sé, in un tempo in cui l'istruzione è ancora affare di pochi.

Passiamo ai cattivi dei fumetti, poi transitati verso il cinema e la TV: arrivano gli antagonisti più vari, umani e non. Ci sono Lex Luthor, Venom, Sinestro, Carnage, Two Face, Goblin, Mister Mxyzptlk (la lista è infinita), fino ad arrivare a Dart Vader (o Fener - tanto quello che conta è Dart= Dark), anche se fumetto non è. Nomi chiari e incontrovertibili di cattivi stereotipati nella lotta tra il bene e il male, con suoni oscuri, consonanti puntute e respingenti. Niente di particolarmente nuovo, insomma.

Il grande schermo di fine secolo ci porta da un lato cattivi dai nomi più sofisticati ma sempre piuttosto espliciti come Hannibal Lecter (detto Hannibal the cannibal), Ivan Drago che combatte contro Rocky, Keyser Söze signore del crimine, Bane (che vuol dire tormento) sadico nemico di Batman. Ma si fanno strada anche strategie di naming più intriganti, in cui gli antagonisti prendono nomi provocatoriamente neutri proprio per contrarso nei confronti della malvagità del personaggio: John Doe in Seven, Bill in Kill Bill, Mr. Blonde ne Le Iene, l'Agente Smith in Matrix.

Nei tempi più recenti si agisce invece in controtendenza: per contrasto con la rispettiva crudeltà i cattivi hanno nomi apparentemente innocui, come Snow di Hunger Games (da non confondere con il buon John Snow di Game of Thrones) o Calvin Candie (sì, come candy) di Django Unchained, padrone della terribile piantagione Candyland.

Cosa possiamo aspettarci dal naming dei cattivi nei prossimi anni? Fino a pochi anni fa la lotta tra il bene e il male rappresentata nei film o nelle serie TV rendeva sempre molto chiaro da che parte stare, ma da qualche tempo (Heroes e Lost sono tra le prime produzioni in questo senso) non è più così: gli stessi personaggi sono dipinti a tinte contrapposte e i nomi vengono di conseguenza (su tutti, l’ultimo Joker di Todd Phillips). Sono normali nomi di persona, fanno leva su elementi caratteriali minori oppure sono nomi assolutamente neutrali per far prendere allo spettatore la decisione finale sulla loro moralità. Un esempio per tutti? Sempre lui: il protagonista di Breaking Bad, Mr. White.