Uno schwa (ə) nel mio brand name: un’opportunità per parlare d’inclusività?

 

Camille Faure Project Manager Nomen Italia


Nel nostro ultimo articolo abbiamo parlato della funzione dei simboli grafici nel brand naming e che questi, a determinate condizioni, possono con efficacia supportare la comunicazione di certi concetti o valori del brand.

Tra tutti i simboli grafici ce n’è uno che ci interessa particolarmente perché diverso da tutti gli altri, con una storia (e quindi un ruolo da giocare) a parte.

È lo schwa.

Schwa (o più correttamente, in italiano, scevà), termine tedesco che deriva a sua volta dall'ebraico šěwā', è traducibile in «insignificante», «zero» o «nulla». L’Alfabeto Fonetico Internazionale (IPA), il sistema che definisce la corretta pronuncia delle lingue scritte nel mondo, lo indica con il simbolo ə e lo colloca esattamente al centro dell’intero sistema di vocali, essendo la sua pronuncia un suono indefinito.

In tempi in cui il tema dell’inclusività è sempre più importante per la società, da un punto di vista strettamente linguistico lo schwa può andare in soccorso di tutte quelle lingue (come l’italiano) in cui esistono solo due generi (maschile e femminile) per rendere la lingua più inclusiva. Stiamo parlando dei casi in cui linguisticamente prevale il maschile anche quando sono presenti elementi femminili: nomi collettivi, pluralità miste di maschi e femmine, e i termini, primi fra tutti lavorativi, che hanno solo il maschile o quelli per i quali - se il femminile esiste – questo stenta a diffondersi (sindaca, ingegnera).

Lo schwa gioca un ruolo importante anche nel supportare le diversità di identità di genere esistenti.

Se in alcune lingue esistono pronomi personali con forme neutre, valide quindi sia per il maschile sia per il femminile, sia per chi si identifica in tutti e due o in nessun genere specifico (il they/them in inglese o l’hen in svedese), queste forme non esistono in altre lingue, tra cui appunto l’italiano, e lo schwa può colmare questa lacuna.

Proprio per la sua natura neutrale e per il suo potere inclusivo, lo schwa ha acquisito una posizione ideologica ed è divenuto sinonimo di riconoscimento delle diversità di identità di genere e – per estensione – delle cause LGBTQ+. Questo, attenzione, vale solo per alcuni paesi, certamente per l’Italia, dove il suono non corrisponde ad alcuna lettera dell’alfabeto della lingua ufficiale scritta o parlata. Non vale invece ad esempio per i paesi anglosassoni, dove questo suono, nel parlato, esiste e non ricopre necessariamente la valenza ideologica di cui sopra. Il concetto stesso di inclusività viene discusso in modo diverso in funzione del paese e della cultura di riferimento, ricopre tematiche ben più ampie rispetto al solo riconoscimento delle diversità di genere e tocca il credo religioso, l’etnia, lo status socio-economico, le disabilità e altro. Solo per fare un esempio, negli Stati Uniti, il tema dell’inclusività viene molto più legato a temi come il body shaming o la discriminazione razziale, e riguarda sempre l’accettazione delle diversità.

Fatta questa doverosa premessa, finalmente possiamo guardare lo schwa dalla prospettiva del brand naming in Italia e capire se questo particolare simbolo può giocare un ruolo rilevante.

Essendo un simbolo, valgono le stesse regole che contano per tutti gli altri simboli grafici: il suo utilizzo nel naming è benvenuto purché abbia un significato coerente con il brand stesso, sia accessibile, sia facilmente pronunciabile, tutelabile e impiegato con coerenza in tutti i punti di contatto con il cliente. Analizziamo questi aspetti uno per uno.

Coerenza con il brand.

A differenza degli altri simboli, lo abbiamo detto, lo schwa ha una chiara connotazione ideologica. Si vuole comunicare inclusività? Si vuole essere coerenti, nella comunicazione, con una posizione ideologica aziendale a supporto delle comunità LGBTQ+? Ancora, si desidera semplicemente distinguersi per creatività? Allora la strada dello schwa, ancora poco esplorata, è una via valida. Ma deve essere chiaro che la percezione di questo simbolo è destinata a trasformarsi man mano muterà la consapevolezza collettiva rispetto ai temi della Diversity&Inclusion.

Accessibilità.

È proprio questa la criticità principale: se si escludono gli esperti di fonetica e di linguistica o le persone già educate al riconoscimento di questo simbolo, lo schwa non è per ora accessibile. È un simbolo per lo più sconosciuto e la maggior parte delle persone non sa come pronunciarlo. Il problema della lettura dello schwa è peraltro identico per chiunque nel mondo non abbia studiato la fonetica internazionale: è vero che il suono identificativo dello schwa esiste in varie lingue ma la lettura del simbolo potrebbe destare problemi ovunque. Lo schwa presenta poi un’ulteriore criticità, ovvero la non immediatezza della sua digitazione su tastiere e dispositivi mobili. Ma questo problema è già in corso di risoluzione dai designer di strumenti e applicazioni dei grandi player informatici che hanno aggiunto il simbolo ə alle alternative della “e” nei sistemi operativi dei dispositivi mobili, ad esempio.

Pronuncia.

La pronuncia dello schwa, sebbene non codificata nella lingua italiana, è comunque presente in quasi tutti i dialetti italiani. Non rappresenta dunque – sulla carta – un problema. Il problema sta invece nell’associare quel suono allo specifico simbolo ə, per lo più sconosciuto.

Tutela.

Su questo aspetto, lo schwa equivale a qualsiasi altro simbolo grafico. Per questo la sua tutela è possibile con le dovute attenzioni nel momento in cui si deposita la domanda di privativa.

Punti di contatto con il cliente.

Nel contesto online, lo schwa è un carattere speciale. Questo causa l’impossibilità del suo utilizzo per i domini web e per la denominazione dei canali social. E questo problema sembra al momento ancora irrisolvibile. Obbligherà, chi lo utilizza, a ometterlo o a sostituirlo con un’altra lettera. 

Non è finita. Ci sono altri aspetti da considerare nel momento in cui un brand sceglie di avvicinarsi allo schwa per il proprio brand name:

  • scegliere lo schwa significa comunicare a un target specifico, un pubblico sensibile e reattivo rispetto al tema dell’inclusione di tutte le identità di genere;

  • scegliere lo schwa significa essere disposti a un investimento in comunicazione potenzialmente più elevato del normale, perché oltre alla campagna di comunicazione stessa ci saranno costi legati all’evangelizzazione sul tema della pronuncia e sull’associazione del simbolo all’inclusività;

  • scegliere lo schwa non è includere tutti al 100% e nemmeno parlare di inclusività in senso più ampio. Se si desidera comunicare inclusività nel suo significato più ampio si deve pensare all’accessibilità del brand. Se una persona si chiede come leggerlo o non ha l’abilità fisica per farlo, rimane esclusa del messaggio del brand. Il tema dell’inclusività non riguarda soltanto le diversità di genere o le cause LGBTQ+ ma riguarda tutte le persone che in qualche modo si sentono escluse dalla società.

Forse per tutte le criticità elencate, i brand italiani non hanno ancora accolto lo schwa, ma il tema rimane caldo. Riceviamo sempre più richieste di brand che desiderano comunicare inclusività e che noi orientiamo con considerazioni legate all’opportunità di associare il loro nome allo schwa oppure no. La decisione finale spetta a loro. Come sceglieranno, nel prossimo futuro, di comportarsi in relazione allo schwa, vero e proprio simbolo di cambiamento culturale? Coglieranno appieno il suo spirito di rinnovamento?

Ad ogni modo parlare in senso più ampio di diversità e inclusività può essere fatto in molti modi, non solo usando lo schwa nel brand name ma andando in maniera più ampia a toccare ogni singola causa con claim o campagne pubblicitarie dedicate. Un bell’esempio è la campagna di Mastercard del 2020 intitolata TrueName. Mette in risalto un problema non evidente a tutti, quello di avere il nome sulla carta di credito che non corrisponde a quello che siamo. Un vero esempio di come un’azienda può agire nel concreto su questo tema.